Protagonisti, lontano dai riflettori, della settima Biennale di Arte Contemporanea di Monterosso Calabro (Vibo Valentia), due artisti del Marchesato. Sono Caterina Scandale e Giuseppe Caruso di Petilia Policastro. Alcune loro opere sono state scelte dalla giuria della Biennale per partecipare alla celebre rassegna che quest’anno guarda ai popoli del mediterraneo, fra un quadro di Guttuso, uno di Botero e un decollage del celebre artista catanzarese di fama internazionale, Mimmo Rotella. Seconda solo a quella di Venezia, depositaria da oltre quattordici anni della storia dell’arte contemporanea in Calabria, la Biennale di Monterosso incredibilmente trasforma per un mese ogni due anni i locali delle scuole dell’obbligo di un piccolo paese delle Serre vibonesi in uno dei più importanti centri della cultura italiana.Spirito dell’iniziativa l’attenzione rivolta, da una parte, al mondo dell’arte mondiale, dall’altra, alle tante spinte artistiche spesso nascoste della nostra Calabria, con l’impegno di cogliere quel moto costante con cui la nostra maestosa e immobile tradizione si tramuta, attraverso l’arte, in passaggio di modernità. Il tutto, come consueta e triste tradizione vuole, avviene sotto gli occhi degli addetti ai lavori di tutta Italia e d’Europa, ma all’oscuro di molti calabresi.

Eppure da anni la Biennale di Monterosso Calabro raccoglie le principali esperienze artistiche mondiali, italiane e infine meridionali: quelle che dall’Europa il vento dell’Arte porta sul Mediterraneo, e che poi dallo Stretto al Pollino fa ripartire verso il continente attraverso l’estro di molti originalissimi autori, offrendo al mondo uno sguardo inedito e denso su una terra così piena di artisti e istanze creative quasi sempre nascoste, sottovalutate, espresse altrove. Basti pensare alle opere di pittori calabresi come Benedetti, Terruso, o ancora al concettuale Pino Conestabile, a Liliana Condemi, Salvatore Mazzeo. Così fra le oltre quattrocento opere esposte stupisce trovare, per noi crotonesi, inaspettate sorprese. Quest’anno sono le opere dei due artisti petilini, che in quest’ottica di ricezione, da Sud, di istanze pittori che internazionali sembrano piena mente inseriti. I loro quadri fatti di profonde sensazioni e spietate sanzioni, poche volte esplicita mente, molte altre in un modo sotteso, parlano di casa, di terra nostra, di Marchesato, e testimonia- no la cultura paesana millenaria che si butta a capo- fitto nella cosmopolita arte concettuale. Sensazioni profonde sono i fichi secchi, quelli eccezionali, centenari e sempre uguali della nostra nonna, rappresentati in di- verse opere di Caterina Scandale tramite l’artificio stilistico che forse di più ai fichi secchi si associa: una ripetizione, portata alle estreme conseguenze. Attraverso questa, pochi elementi figurativi e cromatici riescono a ricreare quel prodigio che è il senso stesso della nostra tradizione, il “Profondo Sud” che dà il titolo all’opera, una spiazzante replica di gesti poveri e millenari. Spietate e geniali sanzioni sociali sono invece i quadri di Giuseppe Caruso. Segni um ani in cui l’uomo sparisce, rimane il suo segno inquieto, impronta del suo passaggio di migrante, nato in una terra dura ma passionale. Un Sud smaterializzato, di cui però restano intatte e visibili le tensioni umane: l’anonimità confusa del passaggio, l’angoscia che comporta lo sradicamento, la spoliazione del territorio. Ombre che, in posti come i nostri, fatti di fughe e sparizioni, da segno di presenza diventano pura assenza.

In veste anche di designer, a Caruso si deve inoltre la realizzazione del sito internet della mostra, www.biennalemonterossocalabro.it , in cui l’esperienza della rassegna rivive online attraverso svariati apporti descrittivi e riflessivi, compresi gli echi dei media che lungo tutta la durata dell’esposizione hanno parlato dell’evento, anche grazie alla passione del giornalista e curatore della rassegna stampa, Giuseppe Cinquegrana.

SIMONE ARMINIO